Critica letteraria
di Renzo Montagnoli
Mario Fortunato, recensore, nonché autore di narrativa e saggistica, lancia un sasso nello stagno con un bell’articolo dal titolo “Critici leggete di più” apparso sul n. 40 della rivista L’Espresso. Che cosa dice in poche parole? Dice che la nostra critica letteraria legge poco, è distratta e in genere preferisce altre occupazioni: da qualche decennio discute molto se il romanzo sia in crisi, o addirittura morto, o almeno giù di corda. Con l’aggiunta dell’elettrizzante interrogativo: quale è il ruolo del critico? E giù pagine di giornali.
Inoltre, sempre nell’articolo in parola, si aggiunge che i giornali italiani sono impegnati a pronosticare quale sarà il capolavoro letterario dei nostri tempi, azzardando giudizi su opere che non solo devono ancora uscire, ma nemmeno sono scritte, dimenticando quelle già in libreria, fra le quali, se leggessero, potrebbe annidarsi anche il lavoro di assoluta eccellenza.
Mi sono chiesto se l’analisi sia corretta, se cioè insomma Fortunato abbia sollevato un vero problema e ho concluso che è così. Del resto, non potrebbe essere altrimenti ove si tenga conto di alcune circostanze probatorie:
1) Alcuni premi di concorsi un tempo prestigiosi sembrano assegnati a capocchia, e comunque suscitano il dubbio che l’influsso di taluni editori sia determinante nel giudizio;
2) Il fatto che, come ha rilevato giustamente Giuseppe Iannozzi, la maggior parte della critica sia costituita da autori fa sì che si pratichi, in modo anche vergognoso, il giudizio di scambio (tu parli bene del mio romanzo e io parlo bene del tuo);
1) Opere che meriterebbero attenzione (e ce ne sono) vengono sistematicamente ignorate;
2) A leggere certe recensioni sorge il dubbio se siano state scritte dopo un’attenta disamina, perché non di rado si trovano fatti o intenzioni che nell’opera non sono presenti;
3) Alcune critiche poi sono frettolose e arrivano a un giudizio compiaciuto senza enunciare i fondamenti dello stesso.
Questo modus operandi, se magari porta bene alle casse degli editori, è però pernicioso per la letteratura, almeno per quella italica, contraddistinta da pochezza di idee, da scritture approssimative e di frequente in una lingua non corretta. Come in economia si dice che la moneta cattiva scaccia quella buona, anche in campo letterario la produzione industriale di quelli che dovrebbero essere lavori artistici sotterra quei libri che effettivamente valgono, del tutto ignorati o al massimo relegati a notizia, buttata lì per caso, senza che sia degnata da un minimo di recensione.
Resta allora da chiedersi quale sia il ruolo della critica e qui si entra nel difficile, in un campo minato che sembra estendersi all’infinito.
Non mi nascondo che pure in passato c’erano recensori che appoggiavano opere di certi editori, anche se non disdegnavano parlare di lavori di autori pubblicati da imprenditori diversi.
Oggi come oggi la pubblicità sembra l’anima del commercio, il bombardamento mediatico condiziona le scelte e quindi la critica finisce con l’essere coinvolta, diventando uno strumento di marketing di notevole efficacia.
Fin per carità, se il critico scrive di un romanzo edito da X, parlandone in termini entusiastici e questo è effettivamente un libro eccellente, la cosa non dà luogo a scandali.
Purtroppo, però, non di rado capita che l’opera esaminata sia di modesto spessore e allora ci si chiede se il critico sia diventato indirettamente un dipendente di X, oppure se sia capace di leggere un libro. Quest’ultima ipotesi non è buttata a caso, perché sappiamo che non è facile scrivere un romanzo, ma è altrettanto vero che non è facile leggere, e mi riferisco non alla lettura di uno che intenda passare così il tempo.
Il critico è chiamato a leggere in modo analitico un’opera, a verificare l’esistenza di punti saldi che rappresentano l’oggettività del giudizio, quali, fra gli altri, l’originalità, il corretto uso della lingua, l’equilibrio strutturale, la capacità di ambientazione, il messaggio portato.
Non è quindi una lettura facile, ma è in ogni caso indispensabile per esprimere un giudizio compiuto.
Ora, e tengo a sottolineare la cosa, fra i critici professionisti sembrano ben pochi quelli che sanno leggere, in ogni caso sono di numero inferiore a quello di diversi ottimi e capaci recensori dilettanti.
Oso dire che se si vuole una critica che possa consentire almeno di valutare l’interesse per l’opera del potenziale lettore è indispensabile cercare su Internet i siti letterari che ricomprendano sezioni dedicate alle recensioni.
Certo, anche lì c’è da fare una scrematura, perché molte sono le impressioni di lettura e non le recensioni, ma in ogni caso troverete dilettanti in grado di essere assai migliori dei professionisti.
Che stia scomparendo la figura del giornalista che scrive di letteratura? Non credo, quello che sta scomparendo è il giornalista che sa scrivere esaurienti e oneste critiche letterarie.